Newsletter Culmine e Fonte n. 2/2016 articoli
Newsletter Culmine e Fonte n. 2/2016
Sommario:
LE STAZIONI QUARESIMALI
Valorizzazione pastorale di una significativa
e antica celebrazione ecclesiale
Introduzione
«È buona traduzione che nella Chiesa locale si facciano, soprattutto in Quaresima, riunioni di preghiera nella forma delle “stazioni” romane. Si raccomanda di conservare e incrementare questa tradizione, almeno nelle principali città, e nel modo più indicato per i singoli luoghi. Questa assemblea di fedeli, specialmente se presiede il Pastore della diocesi, può radunarsi nelle domeniche e nei giorni più adatti della settimana o presso il sepolcro di un santo, o nelle chiese o nei santuari più importanti della città, oppure anche in qualche località che in diocesi costituisce meta di frequenti pellegrinaggi» (Messale Romano, ed.it., p.60).
Una considerazione di ordine sia storico che pastorale invita a ritenere le «stazioni quaresimali» una forma privilegiata per celebrare comunitariamente la penitenza quaresimale, anche ai tempi nostri.
«La Quaresima è il tempo adatto per la celebrazione della penitenza, perché fin dal giorno delle ceneri risuona solenne l’invito rivolto al popolo di Dio: Convertitevi e credete al Vangelo. È bene a più riprese, in quaresima varie celebrazioni penitenziali, in modo che tutti i fedeli abbiano modo di riconciliarsi con Dio e con i fratelli e di celebrare poi, rinnovati nello spirito, il triduo pasquale del Signore morto e risorto» (Rito della penitenza, Premesse, n. 13).
La penitenza quaresimale non deve essere soltanto interna e individuale, ma deve acquistare dimensione esterna e sociale (cfr. Sacr. Conc. n.110).
La penitenza, infatti, in quanto «intima conversione del cuore, che comprende la contrizione del peccato e il proposito di una vita nuova» (Rito della penit., Premesse n.6), ha bisogno di esprimersi, secondo la legge dell’incarnazione, in parole e gesti di conversione. E non solo a livello individuale, ma anche e soprattutto ecclesiale.
La Chiesa nel suo insieme è chiamata a camminare con Cristo verso il compimento del Regno, a purificarsi e rinnovarsi ogni giorno secondo la logica della Croce e a manifestare questa volontà e questo impegno in segni concreti e visibili di penitenza e di rinnovamento interiore. Tra i molti modi con cui il popolo di Dio può esercitarsi in essi la liturgia quaresimale privilegia in particolare:
- l’ascolto della parola di Dio «che illumina il fedele a conoscere i suoi peccati, lo chiama a conversione e gli infonde fiducia nella misericordia di Dio» (ivi, n.17);
- la preghiera, soprattutto di supplica, per implorare il perdono di Dio, e manifestare la fiducia nella sua misericordia;
- il digiuno e più in generale la rinuncia, in quanto terreno fecondo da cui può sbocciare un autentico culto spirituale e una carità più operosa verso i fratelli, soprattutto poveri, sofferenti ed emarginati.
La pratica delle «stazioni quaresimali» tende a fondere in un tutto armonioso questi elementi, attraverso i quali la conversione si esprime e si celebra, nella Chiesa.
La liturgia «stazionale» nell’esperienza della Chiesa antica
È noto a tutti che la liturgia delle stazioni quaresimali, anche se affermatasi in un contesto religioso e culturale diverso dal nostro, è stata intimamente legata al digiuno pubblico e alla preghiera penitenziale che hanno caratterizzato fin dai primi secoli i 40 giorni della quaresima, nella Chiesa romana.
Lo stesso termine «stazione» desunto dal linguaggio militare romano, indicava il «montare di guardia» e la Chiesa lo ha adottato in senso spirituale per esprimere il dovere dei cristiani di dedicarsi con vigilanza e con impegno alla conversione e all’orazione. Gradualmente a Roma la «stazione» diventò il termine tecnico per designare l’assemblea eucaristica presieduta dal suo Vescovo, il Papa. Questa celebrazione che bene esprimeva l’unità del sacrificio eucaristico, si svolgeva generalmente così: di solito verso le tre del pomeriggio, il popolo accorreva insieme con il clero in una chiesa stabilita in antecedenza come luogo di raduno e che veniva chiamata perciò «collecta». Di qui i fedeli, con a capo il Papa, circondato dai presbiteri e dal clero, si dirigevano processionalmente verso la chiesa stazionale; il Papa concelebrava con i presbiteri, comunicava i fedeli e concludeva la celebrazione quando il sole volgeva al tramonto. (cfr. I. Schuster, Liber sacramentorum, vol. III, 3ss.). Le caratteristiche della liturgia stazionale sono assai significative: la processione, per indicare il «cammino della conversione» a cui la Chiesa è chiamata in quaresima; la presenza del Papa, la grande assemblea di preghiera, l’unica Eucarestia, l’invocazione dei Santi sono elementi che avevano un grande peso nella vita di una comunità chiamata a convertirsi e ad esprimere l’unità nella stessa fede e nella medesima carità.
Tutto ciò non ha valore di pura documentazione archeologica e storica: l’invito contenuto nel Messale romano rinnovato è una sollecitazione a ripensare le forme di una celebrazione come questa che, nei suoi elementi essenziali, rimane ancora valida e attuale.