Newsletter Culmine e Fonte n. 11/2016 - Articoli
Newsletter Culmine e Fonte n. 1/2017
Sommario:
CELEBRAZIONE VIGILIARE
Ringraziamento e supplica per la vita consacrata
I canti proposti sono tratti dal Repertorio Nazionale dei Canti per la Liturgia CEI (RN) e dai canoni di Taizè. Possono essere sostituiti con altri canti legittimamente approvati e pertinenti al momento rituale.
I testi e le rubriche che menzionano i religiosi possono essere volti al femminile quando la celebrazione si tenga in comunità religiose esclusivamente femminili.
In chiesa si porrà il cero pasquale accanto all’ambone. Tutti i fedeli prima della celebrazione ricevono una candelina.
Il sacerdote che presiede può indossare la stola e il piviale bianco sopra il camice. Il diacono indossa la dalmatica. Nel caso non vi fosse un sacerdote, la celebrazione può essere presieduta dal diacono.
Mentre il sacerdote, accompagnato dai ministri, si reca all’altare, si canta
Eccomi (RN 277).
Fatta la riverenza all’altare, il sacerdote va alla sede.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
R. Amen.
Il Signore sia con voi.
R. E con il tuo spirito.
In questa celebrazione vigiliare che ci conduce alla festa della Presentazione del Signore al Tempio, facciamo grata memoria della nostra vocazione di particolare consacrazione.
Il Signore ci ha chiamato fin dal grembo di nostra madre, conducendoci poi, attraverso la sua Parola, i sacramenti l’esperienza della comunità cristiana e i percorsi della vita, a riconoscere la sua voce e a impegnarci generosamente nella sequela.
Ogni vocazione nasce e fiorisce dalla fede sancita dal lavacro battesimale. All’inizio di questa celebrazione, rinnoviamo la nostra professione di fede.
Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra?
R. Credo.
Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria Vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre?
R. Credo.
Credete nello Spirito Santo, la Santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna?
R. Credo.
Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci hai liberati dal peccato e ci ha fatto rinascere dall'acqua e dallo Spirito Santo, ci custodisca con la sua grazia in Cristo Gesù nostro Signore, per la vita eterna.
R. Amen.
Un ministrante reca al sacerdote un bacile con l’acqua. Il sacerdote, con le braccia allargate, invita i presenti alla preghiera.
Preghiamo.
Tutti pregano per un breve tempo in silenzio, quindi il sacerdote continua, tenendo le braccia allargate:
Sii benedetto, Signore, Dio onnipotente,
che in Cristo, acqua viva della nostra salvezza,
ci hai colmato di ogni benedizione
e hai fatto di noi una creatura nuova.
Fa' che, mediante l'aspersione
richiamiamo la realtà del Battesimo,
perché purificati e fortificati
con la grazia del tuo Spirito,
ricuperiamo la giovinezza interiore
e camminiamo sempre in novità di vita.
Per Cristo nostro Signore.
R. Amen.
Il sacerdote asperge se stesso e tutta l’assemblea, attraversando l’aula liturgica. Frattanto si canta:
Attingeremo con gioia (RN 154).
Tornato alla sede, il sacerdote invita l’assemblea a disporsi all’ascolto e alla riflessione.
Ascoltiamo la voce di coloro che ci hanno preceduto nel segno della consacrazione e che ci invitano a rinnovare nel nostro cuore la gioia della sequela.
Tutti siedono.
Alcuni lettori propongono i brani seguenti, che possono essere suddivisi tra vari lettori secondo i paragrafi indicati; i paragrafi possono essere intervallati da un canone cantato da tutta l’assemblea (per esempio, dal repertorio di Taizè, Adoramus te, Domine, Il Signore è la mia forza, Misericordias Domini in aeternum cantabo).
Dai Discorsi di san Bernardo.
Sermones I, 1-4; III, 2-3 in Purificatione B. Mariæ. PL 183, 365-368. 370-372.
1. In questo giorno, la Vergine Madre introduce il Signore del tempio nel tempio del Signore; anche Giuseppe presenta al Signore non il proprio figlio, ma il Figlio diletto del Padre, che in lui ha riposto le sue compiacenze. Il giusto Simeone riconosce colui che aspettava e anche la vedova Anna parla di lui.
Sono queste le prime quattro persone ad aver celebrato l'odierna processione, che, più tardi, con il gaudio di tutta la terra, si sarebbe svolta in ogni luogo e presso tutti i popoli. Non c'è da meravigliarsi se quella fu una piccola processione, poiché era piccolo colui che veniva ricevuto.
In quella processione non vi fu posto per nessun peccatore: erano tutti giusti, tutti santi, tutti perfetti. Ma allora, Signore, forse che salverai soltanto quelli? Cresca il tuo corpo, Signore, cresca la tua compassione. Uomini e bestie salverai, o Signore, quando moltiplicherai la tua misericordia.
In un'altra processione già folle lo precedono e folle lo seguono, e non è la Vergine che lo porta, ma un asinello. Egli non ripudia nessuno, nemmeno coloro che sono imputriditi nel peccato come animali nel loro sterco; non li ripudia, ripeto, purché non manchino delle vesti degli apostoli, cioè la loro dottrina, la santità dei costumi, l'obbedienza e la carità coprano la moltitudine dei peccati: allora non li riterrà indegni della gloria della sua processione. Proprio quella gloria che pare riservata a così pochi, egli l'ha destinata anche a noi. E perché egli non riserverebbe anche ai posteri quello che ha dato prima agli antichi?
2. La misericordia di Dio è dentro il tuo tempio, non in un angolo o in un luogo appartato, perché in Dio non v’è parzialità per nessuno.[1] La misericordia di Dio è proposta, è offerta a tutti. Ne è privo solo chi la rifiuta.
Noi abbiamo ricevuto, o Dio, la tua misericordia, dentro il tuo tempio.[2] Eravamo anche noi per natura meritevoli d'ira, ma abbiamo ottenuto misericordia. Figli dell'ignoranza, della viltà, della schiavitù, abbiamo ottenuto la sapienza, la fortezza, la redenzione.
Abbracciamo la misericordia che abbiamo ricevuto dentro il tempio e, insieme con la beata Anna, non allontaniamocene. Infatti, santo è il tempio di Dio, che siete voi,[3] dice l'Apostolo. Questa misericordia è vicina, vicina a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore.[4] In breve: Cristo abita nei vostri cuori per mezzo della fede.[5] I vostri cuori sono un tempio di Dio e la sua abitazione, purché voi non dimentichiate che l'anima del giusto è sede della sapienza.[6]
3. Ma che cosa offriamo noi, fratelli, o che cosa gli diamo per tutto quanto lui ci ha dato? Per noi lui ha offerto la vittima più preziosa che aveva, anzi la più preziosa che esistesse; anche noi, dunque, facciamo quanto possiamo, offriamogli quello che abbiamo di meglio, vale a dire noi stessi.
Il sacrificio che placa il Signore, la vittima che gli è gradita, è un sacrificio vivente. Ma in quell'offerta del Signore leggiamo che c'erano tre persone, e tre sono le cose richieste nella nostra offerta. In quella c'era Giuseppe, sposo della Madre del Signore, il quale era considerato suo figlio; c'era la stessa Vergine madre e il bambino Gesù, che veniva offerto.
Ci sia dunque anche nella nostra offerta la costanza virile, ci sia la purezza verginale, la coscienza umile. Ci sia nel proposito l'animo virile di perseverare, ci sia il desiderio ardente di custodire un'innocenza verginale, ci sia la semplicità e l'umiltà del bambino nella coscienza. Amen.
La lettura è seguita da un tempo di meditazione in silenzio. Quindi tutti cantano:
Ti seguirò (RN 100).
Alcuni lettori propongono una seconda lettura, con le modalità della prima.
Dalle Omelie di Origene sul Vangelo di Luca.
Comm. in Lc., hom. XV, 1-5. PG 13, 1838-1839.
1. Occorre cercare un motivo degno del dono di Dio concesso a Simeone. Quest'uomo giusto e timorato di Dio, - come dice il vangelo - aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era su di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Quale vantaggio era per lui vedere Cristo? La promessa consisteva solo nel vederlo, senza trarne altra utilità? Oppure essa nascondeva qualche dono di Dio, che il beato Simeone meritò di ricevere?
Una donna toccò solo il lembo del mantello di Gesù e ne fu guarita, ci dice il vangelo.[7] Se quella ottenne un beneficio così grande solo per aver sfiorato la frangia della veste, che cosa pensare di Simeone che ricevé nelle braccia il Bambino? Era felice di tenerlo in braccio, colmo di gioia perché portava il neonato venuto a liberare i prigionieri e a sciogliere lui stesso dai legami del corpo. Egli sapeva che nessuno può far uscire gli uomini dalla prigione del corpo, con la speranza della vita futura, se non colui che reggeva in braccio.
2. Simeone dice al Signore: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace. Finché io non sostenevo Cristo, finché le mie braccia non lo sollevavano, ero prigioniero e non potevo liberarmi dai miei vincoli.
Dobbiamo intendere queste parole come se fossero, non soltanto di Simeone, ma di tutto il genere umano. Se uno abbandona questo mondo e vuole guadagnare il Regno, prenda tra le sue mani Gesù, lo circondi con le sue braccia, lo tenga tutto stretto al suo cuore e allora potrà andare esultante di gioia là dove desiderava.
Considerate quanti fatti provvidenziali hanno preceduto il momento in cui Simeone meritò di tenere fra le braccia il Figlio di Dio. Anzitutto aveva ricevuto la rivelazione dallo Spirito Santo che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo Signore. Poi entrò nel tempio, non a caso e semplicemente come il solito, ma ci andò mosso dallo Spirito di Dio, poiché tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio.[8] Lo Spirito Santo lo portò, dunque, al tempio.
3. Anche tu, se vuoi tenere Gesù, stringerlo fra le braccia e meritare di uscire dal carcere, cerca con ogni sforzo di lasciarti condurre dallo Spirito per giungere al tempio di Dio. Ecco: tu stai nel tempio del Signore Gesù, cioè nella Chiesa, tempio costruito con pietre vive. Ma tu stai nel tempio del Signore quando la tua vita e i tuoi costumi sono veramente degni del nome che designa la Chiesa.
Se verrai al tempio mosso dallo Spirito, troverai il Bambino Gesù, lo solleverai tra le braccia e gli dirai: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace. Osserva come alla liberazione e al congedo si unisca anche la pace. Non dice infatti Simeone: "Io voglio morire", ma aggiunge: voglio morire in pace. Anche al beato Abramo fu promessa la stessa cosa: Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri.[9]
Chi può morire in pace se non colui che ha la pace di Dio, pace che supera ogni comprensione e custodisce il cuore di chi la possiede? Chi è che se ne va in pace da questo mondo, se non colui che comprende che era Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo? Costui non nutre inimicizia e rancore verso Dio, ma con le buone opere ha conseguito in sé la pienezza della pace e della concordia; se ne va dunque in pace per raggiungere i santi padri, verso i quali se n'è andato anche Abramo.
Ma perché parlo dei patriarchi? Si tratta di raggiungere lo stesso capo e Signore dei patriarchi, Gesù, di cui è detto: Essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, sarebbe assai meglio.[10] Possiede Gesù colui che osa dire: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.[11]
Affinché noi pure qui presenti nel tempio, tenendo in braccio il Figlio di Dio e stringendolo tra le nostre mani, siamo degni di essere liberati e di partire verso una migliore vita, preghiamo Dio onnipotente; preghiamo lo stesso Bambino Gesù, con il quale noi desideriamo parlare tenendolo in braccio, Gesù, a cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli. Amen.
Segue un tempo di meditazione silenziosa. Quindi tutti si alzano e acclamano al Signore, presente nella sua Parola.
Alleluia, alleluia.
I miei occhi han visto la tua salvezza:
luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo, Israele.
R. Alleluia.
Se ci sono i ministranti, la proclamazione può essere fatta in canto e in forma solenne, con le candele e l’incenso e la processione che parte dall’altare, sul quale era stato posto l’evangeliario.
Il Signore sia con voi.
R. E con il tuo spirito.
Dal vangelo secondo Luca. 2,22-32
R. Gloria a te, o Signore.
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Parola del Signore.
R. Lode a te, o Cristo.
Il sacerdote tiene l’omelia.
Dopo l’omelia e un adeguato tempo di silenzio, tutti si alzano.
I nostri occhi hanno visto la salvezza del Signore.
Egli ci chiama a essere luce per illuminare il cammino
di tanti fratelli e sorelle.
Rinnoviamo dinanzi al Signore il nostro proposito
di completa dedizione e consacrazione a Lui
e di testimonianza del suo Regno che viene.
Alcuni religiosi o religiose attingono la luce dal cero pasquale e la distribuiscono ai presenti. Se i partecipanti sono numerosi, l’organo può accompagnare il tempo dell’accensione delle candele.
Quindi un religioso e una religiosa, a nome di tutti i presenti, pronuncia il rinnovo del proposito di consacrazione.
1.
Confermiamo solennemente a Dio
la nostra volontà di seguire fino alla morte
la vita e l’esempio
del Signore nostro Gesù Cristo
e della sua santissima Madre.
Si ravvivi ogni giorno
l’attesa dell’incontro con il Signore Gesù,
perché ci trovi con la lampada accesa
quando verrà per le nozze.
2.
Accetta, ti preghiamo, Signore,
questa rinnovata offerta di noi stessi
e, per intercessione della beata Maria sempre Vergine,
di san Giuseppe
e di tutti i Santi,
concedici la grazia della perseveranza:
fa’ che non viviamo più per noi stessi
ma per te solo.
Amen.
Si canta il cantico di Simeone.
Ant. Lumen ad revelatiónem géntium, et glóriam plebis tuae Israel.
Nunc dimíttis servum tuum, Dómine, * secúndum verbum tuum in pace. Ant.
Quia vidérunt óculi mei * salutáre tuum. Ant.
Quod parásti * ante fáciem ómnium populórum. Ant.
Gloria Patri et Filio * et Spiritui Sancto. Ant.
Sicut erat in principio et nunc et semper * et in saecula saeculorum. Amen. Ant.
Il sacerdote imparte la benedizione.
Il Signore sia con voi.
R. E con il tuo spirito.
Il Signore vi benedica e vi protegga.
R. Amen.
Faccia risplendere il suo volto su di voi
e vi usi misericordia.
Rivolga a voi il suo sguardo
e vi doni la sua pace.
R. Amen.
Celebrante: E la benedizione di Dio onnipotente,
Padre e Figlio + e Spirito Santo
discenda su di voi e con voi rimanga sempre.